La rottura del legamento crociato anteriore (LCA) rappresenta oggi uno degli infortuni più frequentinella traumatologia del ginocchio. Da un lato cresce il numero di persone che svolgono attività sportiva dall’altro l’età media dell’infortunio si è abbassata notevolmente andando a toccare quella adolescenziale. La chirurgia del legamento crociato anteriore, quindi, è divenuta un argomento molto affrontato e oggetto di continui studi per migliorare i risultati clinici. Ne parliamo con il Dott. Alberto Busilacchi (foto), Specialista in Ortopedia e Traumatologia che, oltre all’attività clinica e chirurgica, ha svolto un Dottorato di Ricerca sulle strategie di rigenerazione dei tessuti muscolo scheletrici, in particolare su tendini e legamenti.
Dott. Busilacchi, innanzi tutto perché si rompe il legamento crociato anteriore?
La lesione è dovuta a una distorsione importante del ginocchio. I sintomi possono essere diversi. Sicuramente c’è dolore intenso, gonfiore e una netta sensazione di instabilità e cedimento.
Quale terapia consiglia?
Una volta effettuata la diagnosi, si fa una valutazione complessiva del paziente e si decide cosa fare.
Ci sono novità sulle tecniche?
Si continua a lavorare per ridurre l’invasività e i danni a carico dei tessuti.
Quindi?
Oggi nella maggior parte dei casi si esegue il prelievo del semitendinoso e gracile che provengono dalla superficie posteriore della coscia: tecnica che ha ormai soppiantato quella di utilizzare il tendine rotuleo. Questa nuova tecnica è oggi preferita rispetto al rotuleo per una ridotta morbilità del sito di prelievo.
Quali sono i tempi di recupero?
Sono ormai ben codificati con un rientro alle attività sportive in sei-sette mesi. Tuttavia il processo di integrazione o meglio “legamentizzazione” di questi tessuti richiede ben oltre un anno e mezzo.
Altre casistiche?
Spesso, a fronte di recidiva di rottura oppure in soggetti scheletricamente immaturi dove risulta impossibile estrarre tendini di qualità che possano rendere un “neo-legamento” sufficientemente robusto, si deve ricorrere a tendini esterni al paziente, che possono essere classificati in due tipologie: tendini di donatore, o tendini sintetici in materiale non biologico.
Pro e contro?
I tendini di donatore o allograft sono oggi spesso utilizzati perché le tecniche di pulizia, purificazione e sterilizzazione dei tessuti sono garanzia di sicurezza senza intaccare le proprietà biomeccaniche del tessuto. Il problema restano gli alticosti di produzione e ovviamente la reperibilità, poichè ci si deve avvalere di banche dell’osso che dispongano non solo dei tessuti, ma più specificamente di tendini con caratteristiche tali da soddisfare le esigenze del chirurgo per lo specifico caso clinico che si va a operare. Il decorso chirurgico quando si impiantano tendini da donatore è ottimo con scarso o assente dolore post operatorio. Tuttavia, bisogna informare il paziente che i tempi di guarigione “biologica” e integrazione del nuovo legamento saranno più lunghi rispetto al prelievo cosiddetto autologo (ovvero tendini del paziente medesimo).
Per quelli sintetici?
I tendini sintetici sono ormai sul mercato da molti anni, con costanti miglioramenti dei materiali impiegati: teflon, goretex, fibre di carbonio sono stati ampiamente usati in era pionieristica tra gli anni ‘80 e ‘90. Oggi si usa il legamento in polietilene intrecciato che ha un’adeguata tenuta meccanica ma che ovviamente non essendo un tessuto biologico è nel tempo sottoposto a un’usura e una rottura da cosiddetto “snervamento”. Queste tecnologie di ricostruzione devono
essere riservate a pochi casi particolari perché mostrano vantaggi che possono rappresentare un’ottima alternativa al prelievo autologo. Tuttavia alcuni punti deboli sopra citati come costi, disponibilità e tenuta nel tempo devono portare il chirurgo a non utilizzarli nella prassi quotidiana bensì nelle revisioni o in situazioni peculiari nella patologia dello sportivo professionista.
Il profilo del professionista
Il Dott. Alberto Busilacchi si laurea all’Università Politecnica delle Marche (Ancona) nel 2007. Specializzato in Ortopedia e Traumatologia nel 2013, si occupa di patologie dell’apparato locomotore e con particolare interesse per ginocchio, spalla, caviglia, traumatologia dello sport. Ha frequentato importanti corsi di specializzazione ad Anversa (Belgio) presso il Prof. Marc Martens e il Dott. Koen Lagae. Attualmente collabora come traumatologo con la Clinica Mobile nel Mondo, sia in MotoGP che SBK Divisioni. È nello staff medico dei Dolphins Ancona (Serie A Football Americano). Ha coordinato lo staff medico della SEF Stamura (Sezioni Atletica e Rugby) dal 2009 al 2012 e dal 2014 è consulente per il Falconara Basket. Autore di numerose pubblicazioni scientifiche in lingua italiana e inglese, di capitoli di libri sulla patologia articolare e muscolo-tendinea è stato relatore in congressi nazionale e internazionali. Collabora con Villa Maria dal 2017.
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