Il Dott. Vittorio Corso (foto), in occasione del Convegno nazionale “Il Prolasso Rettale: tecniche a confronto per una chirurgia condivisa” che si è tenuto a Villa Maria il 17 maggio, ha presentato, in sintesi, i dati pubblicati su diversi studi condotti in vari Paesi del mondo. Tra questi uno studio randomizzato inglese pubblicato sull’International Journal of Surgery sul trattamento chirurgico del prolasso rettale esterno che ha preso in considerazione sia gli interventi condotti per via addominale che perineale. “Lo studio ha messo in evidenza vari aspetti. In particolare ha fatto notare che per quanto riguarda il tasso di recidive non c’è differenza tra i vari tipi di interventi, ovvero non ci sono dati statisticamente rilevanti che fanno preferire un approccio piuttosto che un altro in termini di recidiva.
Un altro dato che ha mostrato si riferisce ad una ricerca condotta in 42 centri in Europa. Ai chirurghi è stato chiesto che tipo di interventi eseguono. È emerso che rispetto a cinque anni fa sono aumentati gli interventi per via laparoscopica, in particolare la rettotessi ventrale laparoscopica. Ho poi mostrato un altro dato di uno studio olandese a cui è stato chiesto ai chirurghi qual è l’intervento preferito per il prolasso rettale interno. Risposta: rettopessi ventrale in laparoscopia e che la procedura perineale viene eseguita quando è controindicata una procedura addominale.
La situazione in Italia
E in Italia? Ancora non è identificato l’intervento “gold standard” mentre è chiaro quali siano i tre aspetti più importanti per la buona riuscita di un intervento: la storia del paziente, l’esperienza del chirurgo e l’ospedale. Che sono i punti che noi dobbiamo tenere in considerazione. In sintesi posso dire che i dati dimostrano che i risultati migliori si hanno dove si eseguonoi più interventi ed è per questo ci vogliono strutture ospedaliere in grado di offrire tutta una serie di supporti multidisciplinari al chirurgo, sia in fase pre e post operatoria. La tendenza è chiara. Oramai tutto si sta spostando verso la chirurgia conservativa ovvero la chirurgia laparoscopica. Chi fa questo tipo di chirurgia deve specializzarsi ed occuparsi prevalentemente di tutto il distretto, anteriore e posteriore. In futuro ci sarà un unico chirurgo che si occupa di tutto il pavimento pelvico. Il convegno, infine, ha fornito l’occasione per continuare il lavoro sul linee guida ministeriali che potrebbero presto arrivare in sede nazionale grazie al lavoro che stiamo svolgendo con i colleghi della Chirurgia Proctologica e Perineale Pisana”.
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