I virus Rna come i “Coronavirus” evolvono costantemente con mutazioni del loro genoma. Mutazioni del virus Sars-CoV-2 sono state osservate in tutto il mondo fin dall’inizio della pandemia. Tali situazioni devono essere monitorate con attenzione.
In Emilia-Romagna è stato attivato uno studio per capire la diffusione della “variante inglese” e di altre.
Sono in corso analisi su 213 tamponi positivi raccolti tra il 4 e il 5 febbraio, selezionati in modo proporzionale alla popolazione delle province: 12 a Piacenza, 20 a Parma, 24 a Reggio Emilia, 32 a Modena, 64 a Bologna, 7 a Ferrara e 54 in Romagna.
La ricerca, effettuata a livello nazionale su mandato dell’Istituto superiore di Sanità, è condotta in regione dai laboratori di Pievesestina (Fc), Parma e Modena in collaborazione con la Regione e i Dipartimenti di Sanità pubblica delle Aziende sanitarie
I risultati finali della ricerca, che richiede operazioni di estrema accuratezza e complessità e quindi ha tempi di esecuzione non immediati, sono attesi per l’inizio della prossima settimana, ma dai primi riscontri si può prevedere quanto la variante inglese sia presente sul territorio regionale.
I risultati dello studio
Aggiornamento del 16/02/2021 (fonte: Agenzia di Stampa Regione Emilia Romagna).
L’Emilia-Romagna ha concluso il primo studio sulla diffusione della cosiddetta “variante inglese” del Coronavirus: dei 204 campioni su cui è stata effettuata l’analisi, raccolti da Piacenza a Rimini il 4 e 5 febbraio, ne risultano effettivamente positivi alla variante 57, pari al 27,9%. Su 9 campioni (213 era il numero totale di quelli raccolti) non è stato possibile procedere per insufficienza di materiale organico.
“Siamo di fronte a risultati rassicuranti: siamo in grado con assoluta certezza di identificare la variante inglese con i metodi diagnostici, abbiamo tutte le evidenze scientifiche che sia controllabile con gli anticorpi del vaccino – ha spiegato il professor Vittorio Sambri direttore del Laboratorio di analisi del rischio ed epidemiologia genomica della sezione di Parma dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia ed Emilia-Romagna che ha condotto l’indagine – e non ci sono dati incontrovertibili sulla sua maggiore trasmissibilità, anche se per ora appare probabile. In totale accordo con i colleghi dell’Istituto zooprofilattico di Parma e il dottor Pongolini, tutti i nostri sforzi in questo tipo di indagini sono mirati alla ricerca di nuove eventuali varianti: solo così facendo potremo essere tempestivi e fare tutto il necessario per individuarne e contenerne la diffusione”.
L’attività di prevenzione e isolamento delle possibili varianti da parte della sanità regionale ha segnato un altro passo in avanti: venerdì 12 febbraio è stata effettuata una seconda raccolta di campioni, un totale di 177 casi scelti in modo casuale su tutto il territorio, da Piacenza a Rimini. La prima analisi, quella molecolare, più rapida ma meno accurata, è già stata effettuata, e sono risultati positivi 85 casi. In attesa degli esami di sequenziamento del virus, applicando la stessa percentuale di conferma dei primi test che è stata dell’86% è possibile quindi stimare 73 campioni positivi alla variante inglese, che equivalgono al 41,3% del totale. Come per la precedente batteria di campioni, solo il sequenziamento del virus potrà indicare con certezza la diffusione della variante inglese.