Ne parli con il suo medico di fiducia. Quante volta abbiamo sentito questa frase. Effettivamente, fino pochi anni fa, c’era una sorta di tabù a parlare di incontinenza urinaria e fecale. Sono stati a lungo temi e problemi strettamente confinati nella sfera personale. Con una duplice conseguenza: persone costrette a convivere con il problema e, per la medicina, l’impossibilità di poterli adeguatamente studiare. Ma qualcosa è cambiato tant’è che in Italia si sta formando la figura del chirurgo che si occupa in maniera specifica del pavimento pelvico, detto anche pelviperineologo. A lui il compito di affrontare quella che è sempre più considerata una “problematica sociale”. Prova ne sia anche la frequenza di spot pubblicitari televisivi sugli ausili medici ad assorbenza.
PRIMA COSA, PARLARNE
“Una volta caduti i tabù – ci spiega il chirurgo generale Dott. Vittorio Corso – per noi medici è stato possibile indagare meglio queste patologie che oggi toccano tantissime donne in particolare nella fascia di età compresa tra i 50 e 60 anni. Nel dipartimento di chirurgia del pavimento pelvico di Villa Maria ci siamo appositamente organizzati per affrontare l’incontinenza urinaria e fecale. Fino a pochi anni fa il pavimento pelvico non era considerato come un’entità funzionale unica: c’era l’urologo per la vescica, il ginecologo per l’utero e il chirurgo colon rettale o il proctologo per tutto il resto. Queste tre strutture, invece, sono correlate e quando c’è una problematica del compartimento anteriore a questa se ne affianca sempre una del compartimento medio e posteriore, e viceversa”.
LE NUOVE PROCEDURE PER UNA CORRETTA DIAGNOSI: MENO INVASIVE E PIÙ COMPLETE
Anche la diagnostica del pavimento pelvico è stata a lungo considerata a compartimenti stagni. Per quanto riguarda l’incontinenza fecale, ad esempio, il radiologo effettuava la defecografia esponendo il paziente ai “raggi x” (radiazioni ionizzanti). E considerato che la maggior parte dei pazienti erano donne relativamente giovani e probabilmente fertili, l’esame non poteva essere ripetuto più volte. “Oggi la defecografia è sostituita dalla Risonanza magnetica che senza emanare radiazioni ionizzanti studia tutto l’insieme – come specifica il Dott. Roberto Meco, Responsabile del Servizio di Radiologia e Risonanza Magnetica di Villa Maria. Il nuovo esame non comporta nessuna manovra sul paziente, se non una preparazione caratterizzata da un piccolo clistere prima di fare l’esame e un po’ di collaborazione nelle seguenti fasi. In un primo momento si valuta il pavimento pelvico in assoluto riposo, poi effettuando una contrazione dell’ano infine mimando l’atto della defecazione con un’azione muscolare che consente di vedere se il pavimento pelvico è continente e se gli organi rimangono confinati nella loro sede oppure se c’è qualche alterazione dei rapporti anatomici. Tutto ciò ci permette di studiare il pavimento pelvico nel suo complesso. Inoltre si possono valutare tutti gli altri organi che magari non danno sospetti come ad esempio, nella donna, se c’è una patologia della vagina o dell’utero. Terminato l’esame, che è eseguito senza alcuna sedazione, il paziente può immediatamente rientrare a casa.
INTERVENTO CHIRURGICO E RISULTATI
Il primo step non è l’intervento. “Prima di tutto – specifica il Dott. Vittorio Corso – occorre verificare quali sono i pazienti che possono avere un beneficio. Gli interventi sono eseguiti in laparoscopia. La tecnica ci permette di vedere bene la situazione e di lavorare sia per via addominale sia per via transanale e transvaginale operando a quattro mani con il ginecologo a garanzia del migliore risultato possibile. Poi ci sono tecniche ancora meno invasive, soprattutto nell’incontinenza urinaria, che rappresenta la casistica più frequente, con interventi conservativi che prevedono l’iniezione di farmaci all’interno dell’uretra associati ad interventi per via transanale. Questo consente risultati buoni, non eccellenti, ma buoni. Lo consideriamo tale quando consegnando al paziente un test all’inizio e a distanza di tempo, la persona si dichiara disposta a eseguire nuovamente l’intervento. Per evitare che i risultati crollino, è fondamentale compiere sessioni di fisioterapia prima e dopo l’intervento”. Quella del pavimento pelvico è una chirurgia funzionale, i risultati a distanza di cinque anni registrano miglioramenti intorno al 65% dei casi.
PERCHÉ LA FISIOTERAPIA: LE SPECIFICITÀ DELLA SEDUTA
La fisioterapia segue anche altri indirizzi come quello proctologico e algologico perché molti pazienti con certi tipi di problematiche arrivano anche con situazioni di dolore. Le disfunzioni perineali non riguardano solo i disturbi di forza e di endurance (durata e tenuta del muscolo) ma anche di aumento del tono muscolare con i problemi conseguenti di defecazione e dolore. Si può intervenire con esercizi terapeutici oppure con altri mezzi che si valutano a seconda del paziente. “Per contrastare questa tensione – spiega la fisioterapista Angela Zavatta – è importante insegnare al paziente a gestire il rilassamento nel pre e nel post intervento. La seduta fisioterapica non è quella classica, è necessario spogliarsi ed essere osservati nelle rispettive parti del corpo interessate. Chiaramente prima avviene un colloquio per mettere a proprio agio la persona, si insegna a gestire e sentire il pavimento pelvico anche per gli esercizi a casa e nella vita quotidiana. Nel limite del nostro operato cerchiamo di fare anche altro per capire se ci sono abitudini sbagliate che portano le persone a vivere questo problema. Per i correttivi invitiamo a eseguire percorsi paralleli, come praticare sport e seguire una corretta alimentazione”
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Didascalia foto
I professionisti di Villa Maria ospiti negli studi televisivi di Dica 33, format di approfondimento medico scientifico di Rete8Vga. Da sinistra il dott. Gualtiero Antola, Il Dott. Vittorio Corso, il Dott. Roberto Meco e la fisioterapista Angela Zavatta.